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Principio di non colpevolezza, indagini preliminari e limiti del diritto di cronaca

Abstract. Il principio di non colpevolezza nel nostro ordinamento. Compatibilità con le indagini preliminari e il diritto di cronaca.
Il principio di non colpevolezza, sancito dall'articolo 27 della Costituzione Italiana, afferma che "l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva". Questo principio fondamentale del diritto penale garantisce che ogni persona accusata di un reato sia presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata provata oltre ogni ragionevole dubbio in un processo equo e nel rispetto di tutte le garanzie difensive.
Le altre fonti di carattere ultranazionale sono: la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (art. 48), la quale afferma il principio di presunzione di innocenza e la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo che all’art. 6 riconosce il diritto a un equo processo e alla presunzione di innocenza.
Il principio di non colpevolezza implica anche il diritto alla difesa di un individuo nel caso sia sottoposto a un procedimento penale fin dalle prime fasi dello stesso. Questo significa che l'indagato ha il diritto di essere informato delle accuse contro di lui, di essere assistito da un avvocato e di contestare le prove. Le indagini non devono quindi pregiudicare il diritto di difendersi.
Le indagini preliminari, dirette dal pubblico ministero, sono una fase cruciale del processo penale finalizzata alla raccolta di elementi di prova per decidere se formulare o meno l'imputazione. Durante questa fase, è essenziale bilanciare l'esigenza di accertare la verità con la tutela della presunzione di non colpevolezza dell'indagato. Le indagini devono svolgersi nel rispetto della dignità e della immagine della persona. È vietata la diffusione di informazioni che possano pregiudicare la sua reputazione o che lo presentino come colpevole prima della sentenza definitiva. Pertanto, ancorché ci possano essere arresti preventivi o altre misure cautelari, queste devono essere giustificate da gravi indizi di colpevolezza e devono rispettare il principio di proporzionalità. La disciplina normativa è contenuta nel Codice di procedura penale (artt. 114, 329) che regola la procedura, i diritti dell'indagato e le modalità di diffusione delle informazioni.
Alla fine delle indagini preliminari, il pubblico ministero può decidere se chiedere il rinvio a giudizio o chiedere l'archiviazione. Se l'indagato viene rinviato a giudizio, continua a godere della presunzione di innocenza fino a una sentenza definitiva, mentre se il caso viene archiviato, l'indagato non sarà mai considerato colpevole.
Altre discipline normative si riscontrano nella legge sulla stampa (L. 47/1948) che regola l'attività dei giornalisti e definisce i limiti del diritto di cronaca e il GDPR 679/2016 (Regolamento UE sul trattamento dei dati personali), il quale tutela la riservatezza dei dati personali, compresi quelli relativi a procedimenti penali.
Il diritto di cronaca è un aspetto fondamentale della libertà di espressione, riconosciuto dall'articolo 21 della Costituzione, che garantisce a tutti i cittadini il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, nonché la libertà di informare e di essere informati. Tuttavia, questo diritto non è illimitato e deve bilanciarsi con altri valori costituzionali, come la presunzione di non colpevolezza, il diritto alla riservatezza e la dignità della persona.
La giurisprudenza ha enucleato i seguenti limiti del diritto di cronaca:
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rispetto della verità sostanziale dei fatti: il diritto di cronaca si fonda sull’obbligo di verità. I giornalisti e i media devono riportare fatti reali, evitando di diffondere informazioni false o tendenziose. La notizia deve essere fondata su fonti affidabili, e se un fatto è impreciso, deve essere immediatamente corretto. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto di cronaca non giustifica la diffusione di notizie infondate che possano ledere l’onore e la reputazione di una persona. La verità del fatto è essenziale: un giornalista non può “inventare” o esagerare i fatti per attrarre attenzione;
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limite della continenza: la notizia non deve essere diffamatoria, deve raccontare i fatti con un linguaggio adeguato, non offensivo, né denigratorio, deve essere esposta in modo misurato e obiettivo, senza toni sensazionalistici. Inoltre, essa non deve danneggiare l’immagine e la vita privata delle persone coinvolte e deve rispettare il diritto all'oblio;
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limite della pertinenza: il diritto di cronaca può giustificare la pubblicazione di determinati fatti solo quando questi hanno una giusta rilevanza sociale o sono di interesse pubblico. Un giornalista non può invocare il diritto di cronaca per diffondere notizie puramente private, anche se veritiere, che non abbiano un riscontro di interesse collettivo. La cronaca deve riguardare eventi, fatti e persone che abbiano un impatto significativo sulla collettività;
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limitazioni per motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale. La legge stabilisce che, in alcuni casi, il diritto di cronaca può essere limitato per motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale. Le informazioni sensibili che riguardano la sicurezza dello Stato, le indagini in corso o la protezione dei diritti fondamentali degli individui (come nel caso di testimoni o vittime di reati) possono essere soggette a restrizioni, in particolare se la pubblicazione di certi dettagli possa compromettere la sicurezza o l’efficacia delle indagini.
In giurisprudenza sono stati trattati numerosi casi. La Corte di Cassazione ha riconosciuto situazioni in cui il diritto di cronaca si è scontrato con i diritti individuali. Ad esempio nella sentenza n. n.12773 della Cassazione civile sez. I, 10/05/2024, l'esimente del c.d. giornalismo d'inchiesta si fonda sul requisito dell'interesse pubblico generale perseguito, occorrendo a tal fine considerare che il ruolo civile e utile alla vita democratica di una collettività, svolto attraverso la divulgazione della notizia, richiede una valutazione sulla sua attualità, con riferimento al momento in cui la conoscenza dei fatti è sorta ed al contesto sociale in cui è proposta la pubblicazione, piuttosto che al momento in cui si sono svolti i fatti che la integrano.
Anche la giurisprudenza di merito è intervenuta sulla questione. Il Tribunale Lecco sez. I, con la sentenza 27/09/2024, n.625 ha affermato che la pubblicazione del nome e della fotografia ritraente il volto dell'indagato rientra nell'esercizio del diritto di cronaca e va inquadrata nell'ambito delle garanzie vòlte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull'attività di giustizia, a condizione che la notizia sia effettivamente di interesse pubblico.
Un altro diritto costituzionalmente tutelato con cui il diritto di cronaca si deve interfacciare obbligatoriamente è il diritto alla riservatezza. Il diritto alla riservatezza tutela la sfera privata di ogni individuo e impedisce la diffusione di informazioni personali o sensibili senza il suo consenso. Questo diritto è particolarmente importante nel contesto delle indagini preliminari, in cui l'indagato potrebbe essere oggetto di attenzione mediatica. Durante tali indagini, infatti, l'indagato ha il diritto alla privacy, che deve essere rispettata anche dai mezzi di informazione. Se le indagini non sono ancora concluse, la cronaca non può violare la sfera privata dell'indagato, soprattutto se la pubblicazione di determinati dettagli non è di rilevante interesse pubblico. La legge sulla privacy e la giurisprudenza stabiliscono che non possono essere resi pubblici dettagli sensibili, come il nome completo di un indagato, la sua residenza o informazioni riservate, a meno che non ci sia una giustificazione di interesse pubblico. Quest’ultimo è ravvisabile, ad esempio, in notizie relative a indagini che coinvolgono personaggi pubblici, crimini gravi, o eventi che abbiano un impatto sulla collettività che sono sicuramente di interesse pubblico e giustificano la loro diffusione. Tuttavia, anche in questi casi, la verità dei fatti deve essere sempre garantita, e la cronaca non può essere tendenziosa o infamante. La giurisprudenza ha spesso ribadito che la notizia deve essere veritiera e non manipolata per ottenere un effetto sensazionalistico. Le notizie che vengono diffuse durante le indagini preliminari non devono compromettere l'integrità del processo. La pubblicazione di dettagli sensibili sulle indagini, come testimonianze, prove raccolte, o piani investigativi, potrebbe mettere a rischio il buon esito delle stesse, inquinare le prove o influenzare i testimoni. Per questo motivo, ci sono limiti anche sull'accesso alle informazioni relative a un'indagine, specialmente nei casi in cui il pubblico ministero o l'autorità giudiziaria ritengano che la pubblicazione di certi dettagli possa compromettere il corso dell'indagine.
I giornalisti hanno poi l'obbligo di sentire le versioni dei fatti anche da parte dell'indagato o del suo avvocato prima di pubblicare accuse o articoli che potrebbero danneggiare la sua reputazione. Inoltre, è importante che le informazioni riportate dai media non siano parziali o distorte, ma complete e corrette, per evitare di inquinare il diritto alla difesa.
La responsabilità dei giornalisti nel contesto del diritto di cronaca e delle indagini preliminari è un tema complesso e cruciale, che coinvolge diversi aspetti legati alla tutela dei diritti individuali, alla verità dei fatti e al rispetto delle normative. I giornalisti hanno il diritto di informare il pubblico, ma questo diritto deve essere esercitato con responsabilità, bilanciando la libertà di espressione con la protezione degli altri diritti fondamentali, come la privacy, l'onore e la presunzione di innocenza.
In sintesi, la responsabilità dei giornalisti può essere così descritta:
1. responsabilità per la verità dei fatti: il giornalista ha l'obbligo di riportare notizie veritiere. Quando si occupa di un'indagine preliminare, deve verificare attentamente le informazioni, evitando di diffondere notizie false o infondate. La diffamazione e la mendacia sono reati previsti dal codice penale italiano, e un giornalista può essere chiamato a rispondere per danno d'immagine e reputazione se diffonde informazioni non verificate che ledono la persona coinvolta;
2. responsabilità nel rispetto della presunzione di innocenza: un altro aspetto della responsabilità dei giornalisti riguarda il principio della presunzione di innocenza, sancito dall'articolo 27 della Costituzione. In fase di indagini preliminari, l'indagato è considerato innocente fino alla condanna definitiva. I giornalisti devono evitare di esprimere giudizi di colpevolezza prima che la persona sia effettivamente condannata, anche se l'indagine potrebbe sembrare indicare la sua responsabilità. La giurisprudenza ha stabilito che un giornalista che, ad esempio, titola un articolo con espressioni come "Il colpevole è stato arrestato" durante le indagini preliminari commette un errore, poiché una simile affermazione viola la presunzione di innocenza. Il giornalista ha quindi la responsabilità di evitare titoli sensazionalistici che possano far ritenere l’indagato colpevole prima di una condanna definitiva.
3. responsabilità per l'invasione della privacy: il giornalista deve prestare attenzione anche al rispetto della privacy dell'indagato e degli altri soggetti coinvolti. Durante le indagini preliminari, i dettagli relativi alla vita privata e alle informazioni sensibili devono essere trattati con cautela, evitando la pubblicazione di elementi che possano violare la dignità e la riservatezza delle persone. La legge sulla privacy (Regolamento UE 2016/679) e la giurisprudenza hanno stabilito che il diritto di cronaca non può giustificare la diffusione di fatti privati se non c'è un reale interesse pubblico.
Inoltre, il Codice Deontologico dei Giornalisti stabilisce che i giornalisti devono agire nel rispetto della dignità e della riservatezza degli individui, evitando di compromettere la vita privata o familiare senza un giustificato motivo legato all'interesse pubblico.
4. responsabilità per l'influenza sul corso delle indagini. Un altro aspetto della responsabilità riguarda l'inquinamento delle prove o l'influenza sul corso delle indagini. I giornalisti devono evitare di divulgare informazioni che possano alterare la direzione delle indagini o influenzare la testimonianza di possibili testimoni. Per esempio, la pubblicazione di dettagli riservati, come le dichiarazioni di un testimone, può compromettere l’efficacia dell’indagine, violando il principio di giustizia.
Il giornalista, dunque, è responsabile anche se la sua pubblicazione impedisce lo svolgimento sereno e imparziale dell'indagine. Questo rischio di “inquinamento” delle prove è uno dei motivi per cui la legge prevede delle restrizioni sulla diffusione di certe informazioni durante le indagini preliminari.
Se un giornalista viola i diritti altrui, può essere chiamato a rispondere sia civilmente che penalmente. A livello civile, la persona danneggiata (ad esempio, l'indagato o una vittima di un reato) può chiedere il risarcimento per danno d’immagine o danno morale subito a causa della pubblicazione di notizie false o diffamatorie. A livello penale, il giornalista può essere accusato di diffamazione (art. 595 c.p.), un reato che comporta sanzioni penali in caso di diffusione di affermazioni false o lesive dell'onore e della reputazione di una persona. Inoltre, se un giornalista rivela dettagli riservati durante le indagini che compromettano il corso della giustizia, può incorrere in responsabilità penali per violazione del segreto d'ufficio (art. 326 c.p.).
5. il Codice Deontologico dei Giornalisti. Il precedente testo, approvato nel 2016 e in vigore sino al 31 maggio 2025 sarà sostituito dal primo giugno 2025 e sarà costituito da un documento sintetico, molto più agile che raccoglie le regole che i giornalisti sono tenuti a rispettare. Il Codice aggiorna il quadro storico delle regole della professione e introduce importanti innovazioni, a cominciare dalle regole sull’Intelligenza artificiale, fornendo una guida etica per l'esercizio della professione. Esso stabilisce principi chiave come il rispetto per la verità, la correttezza e la riservatezza, ed esclude che il diritto di cronaca possa giustificare il danno alla reputazione, all'immagine e alla privacy degli individui coinvolti.