top of page

Attualità dall'Italia

Sezione dedicata ai maggiori temi e avvenimenti dall'Italia

L'assoluzione di Salvini e il place of safety 

Matteo Salvini è stato assolto dalle accuse di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio nella serata del 20 dicembre. Così ha deciso la seconda sezione penale del tribunale di Palermo presieduta da Roberto Murgia, giudici a latere Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa. Il verdetto è arrivato dopo otto ore di camera di consiglio. Il vice premier rischiava sei anni di reclusione, una richiesta di condanna sostenuta per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio dai pubblici ministeri Marzia Sabella, Geri Ferrara e Giorgia Righi. Alla lettura della sentenza, era presente anche il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia. Secondo i magistrati, infatti,  Salvini – da Ministro dell’Interno - aveva l’obbligo di rilasciare senza indugio alla nave dell’Ong Open Arms il place of safety, il porto sicuro, per 147 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia. Invece, egli, lasciandoli a bordo, agì intenzionalmente e consapevolmente in spregio delle regole.

 

I fatti

Nell’agosto del 2019, per 19 giorni, l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini impedì alla nave della ONG spagnola Open Arms di attraccare nei porti italiani: a bordo c’erano 147 persone migranti soccorse nel Mediterraneo. Per quei fatti il leader della Lega è a processo dall’aprile 2021, accusato di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio. Nel 2019 Salvini era Ministro e Vice Presidente del Consiglio nel primo Governo guidato da Giuseppe Conte, sostenuto dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle. Il 5 agosto 2019 il Senato approvò il cosiddetto “Decreto sicurezza bis”, che concedeva al Governo il potere di vietare a qualsiasi nave l’ingresso nelle acque e nei porti italiani per motivi di sicurezza. Tra il 1° agosto e il 10 agosto la Open Arms era intervenuta tre volte al largo della Libia, soccorrendo più di 150 persone migranti. Fin dall’inizio la ONG aveva chiesto alle autorità italiane di poter attraccare in un porto, ricevendo un divieto d’ingresso nelle acque territoriali italiane. I legali di Open Arms fecero allora ricorso sia al Tribunale per i minorenni di Palermo (a bordo c’erano 32 minori, di cui 28 non accompagnati), che chiese spiegazioni al Governo, sia al TAR del Lazio, che il 14 agosto sospese gli effetti del divieto d’ingresso emanato dal ministero di Salvini ma firmato anche dagli allora Ministri dei Trasporti (Danilo Toninelli) e della Difesa (Elisabetta Trenta). Toninelli e Trenta in seguito rifiutarono di controfirmare il secondo divieto che Salvini adottò dopo la sentenza del TAR. In quel momento la Open Arms era in navigazione già da quasi due settimane e chiese ufficialmente il permesso di entrare nel porto di Lampedusa e sbarcare le persone soccorse. La sera del 20 agosto, dopo 19 giorni, fu consentito di sbarcare alle 83 persone migranti ancora sulla Open Arms. Nel frattempo alcune si erano buttate in mare, altre avevano raggiunto la terraferma con piccole imbarcazioni, o erano state autorizzate a scendere perché minorenni. Lo sbarco venne ordinato dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, dopo aver visitato la nave e aver incontrato la Capitaneria di porto. La procura aveva già aperto un’indagine contro ignoti per sequestro di persona, a cui si era aggiunta un’indagine per omissione e rifiuto di atti d’ufficio. Nell’aprile del 2021 Salvini fu rinviato a giudizio.

 

Le posizioni delle parti in giudizio

Nella propria richiesta, la procuratrice aggiunta Marzia Sabella ha precisato che «le convenzioni internazionali sono chiarissime» e che «non si può chiamare in causa la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare. Ecco perché i migranti andavano soccorsi, concedendo subito un porto sicuro: il soccorso in mare in caso di pericolo e il diritto di asilo, infatti, sono regolati da numerose convenzioni internazionali che non possono essere superate da una legge nazionale come il “decreto sicurezza bis”. La difesa di Salvini, invece, con l’avvocata Giulia Bongiorno, aveva impostato gran parte della sua linea difensiva su un assunto molto chiaro: il processo Open Arms era un processo politico e, chiedendo di attraccare in Italia, l’ONG stava cercando deliberatamente di mettere in difficoltà Salvini, che al tempo era Ministro dell’Interno e Vice Presidente del Consiglio. Infatti, la nave della Open Arms aveva avuto «innumerevoli possibilità di fare sbarcare i migranti soccorsi» in porti non italiani, ma le aveva sempre rifiutate e «ha scelto di bighellonare in mare». Bongiorno sosteneva insomma che la nave volesse far sbarcare i migranti solo in Italia in base a una scelta politica contro Salvini, che in quegli anni insisteva molto sulla necessità di ridurre l’immigrazione e di fermare gli sbarchi.

 

La normativa internazionale

Le convenzioni internazionali principali che disciplinano il salvataggio di naufraghi in mare non usano specificamente il termine "porto sicuro", ma piuttosto il termine "luogo sicuro" (place of safety) per definire il punto in cui le persone soccorse devono essere portate.

Esse sono:

  1. Convenzione SOLAS (1974)

La Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS) è un trattato internazionale che stabilisce standard minimi per la costruzione, l'equipaggiamento e l'esercizio delle navi mercantili, con l'obiettivo di garantire la sicurezza in mare. Adottata per la prima volta nel 1914 in risposta al disastro del Titanic, la versione attualmente in vigore è quella del 1974, entrata in vigore il 25 maggio 1980. Essa è vincolante per gli Stati che l'hanno ratificata. È una convenzione internazionale adottata sotto l'egida dell'IMO. Gli Stati che l'hanno sottoscritta sono obbligati a implementarne i requisiti e ad adattare le loro leggi nazionali per rispettarne le disposizioni. L'obbligo di soccorrere persone in pericolo in mare è un principio fondamentale della convenzione che prevede che esse vengano trasferite in un luogo dove la loro sicurezza sia garantita, senza specificare che debba essere un porto fisico. La Convenzione, infatti, utilizza  il termine place of safety.

   2. Anche la Convenzione SAR (1979) utilizza il termine place of safety (luogo sicuro) con l'obiettivo di garantire che le persone soccorse in mare siano trasferite in un luogo dove non siano più in pericolo e dove possano ricevere cure. Anche qui, il termine non limita il concetto a un porto specifico.

  3. La Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS, 1982) fornisce un quadro giuridico per tutte le attività marittime. L'articolo 98 impone ai comandanti delle navi l'obbligo di prestare assistenza a chiunque sia in pericolo in mare e richiede agli Stati di mantenere servizi adeguati di ricerca e soccorso. Anch’essa è è vincolante per gli Stati che l'hanno ratificata. L'UNCLOS stabilisce l'obbligo per gli Stati di cooperare per il salvataggio di persone in pericolo in mare, ma non specifica espressamente né il termine "porto sicuro" né quello di "luogo sicuro".

  4. Linee guida IMO (International Maritime Organization, 2004). Le linee guida IMO sono strumenti non obbligatori (soft law), adottati per fornire raccomandazioni operative agli Stati e ai comandanti delle navi. Sebbene non abbiano forza di legge, sono generalmente accettate come standard internazionali e spesso integrate nelle legislazioni nazionali o nei regolamenti regionali. Il loro valore deriva dall’essere uno strumento autorevole e di riferimento per interpretare obblighi generali derivanti da convenzioni come SOLAS e UNCLOS. Esse definiscono il concetto di "luogo sicuro" (place of safety) definendolo come un luogo in cui le operazioni di salvataggio possono considerarsi concluse e dove la sicurezza dei sopravvissuti non è più minacciata. Inoltre, devono essere soddisfatti i loro bisogni umani primari, come cibo, riparo e assistenza medica. Il concetto di place of safety (luogo sicuro) non coincide necessariamente con un porto sicuro (safe port), anche se i due termini possono essere confusi dai non esperti della materia. Infatti, il place of safety non deve essere necessariamente un porto; può essere una nave o una struttura temporanea dove i sopravvissuti siano al sicuro da pericoli immediati; deve garantire protezione fisica e legale, rispettando i diritti umani fondamentali. Il porto sicuro o Safe Port è un concetto giuridico utilizzato nel diritto marittimo commerciale, che indica un porto privo di pericoli per le navi e i loro equipaggi, sia da un punto di vista fisico (condizioni meteorologiche, infrastrutture) che politico (assenza di conflitti o minacce). Quindi, esso ha una funzione specifica per le operazioni commerciali marittime e non è necessariamente correlato alle operazioni di salvataggio.

Differenza fondamentale:

  • Un place of safety riguarda la sicurezza delle persone soccorse e si focalizza sul completamento dell'operazione di salvataggio umanitario.

  • Un safe port riguarda la sicurezza delle navi e del loro equipaggio durante le operazioni marittime.

Mucchio di giornali
bottom of page